Turchia, Stati Uniti, Belgio, sfide e opportunità di export 2023 sullo sfondo di guerra e inflazione

Situazione internazionale instabile, fuor di dubbio, ma dove guardare per avere opportunità di export nel 2023? Turchia, Belgio, Stati Uniti, e poi Spagna, Austria, Romania e Paesi Bassi, Regno Unito e Francia offrono opportunità di internazionalizzazione alle aziende italiane. Con alimentari e bevande, metalli, prodotti chimici e apparecchi elettrici.

SACE nel 2020 vedeva la quota export dell’Italia in ascesa a 510 miliardi di euro entro il 2023. I dati dell’Ufficio Studi PwC prevedono in ogni caso una crescita a 532 miliardi. La guerra in corso tra Russia e Ucraina sta rallentando la ripresa post-covid, ma il mondo non si ferma e il made in Italy può guardare con interesse verso diverse opportunità: Paesi più o meno vicini, settori merceologici consueti o con segnali di forte interesse import-export dall’Italia.

Inflazione e opportunità di export 2023: competitività extra UE

Il rincaro dei prezzi delle materie prime pesa in modo significativo sui progetti di internazionalizzazione delle aziende italiane e quello delle risorse energetiche sta facendo rivedere i conti 2022 e 2023 in modo non rassicurante. Tuttavia le nostre imprese non vogliono, e non possono, non cercare proprio nell’export prospettive di crescita o almeno di resilienza.

Diversificare per consolidarsi suggeriva il rapporto SACE pubblicato a settembre 2022. Infatti, si considerava, per le aziende italiane nel 2023, la necessità di attuare una resilienza che passasse dalla diversificazione. La guerra tra Russia e Ucraina sta mettendo in difficoltà tutti i mercati e anche le esportazioni italiane inevitabilmente ne risentono.

«L’incremento dei costi di produzione, le strozzature dell’offerta, il deterioramento del clima di fiducia e i minori stimoli monetari e fiscali» si leggeva nel Rapporto «hanno portato a un’inevitabile revisione al ribasso delle prospettive di crescita del Pil mondiale e del commercio internazionale di beni in volume. Quest’ultimo, diversamente da quanto successo durante la fase acuta della pandemia, non si arresterà»

Internazionalizzazione e PMI: dove va il nostro export nel 2023

Le imprese italiane, osservando i dati ISTAT del mese di luglio 2022, hanno fatto i conti con un rincaro dei prezzi del 7,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Non si sono smentiti nei successivi mesi dell’anno passato: un dato per tutti, il “carrello della spesa” 2022 è cresciuto del 9,1% rispetto al 2021.
In questo quadro ci sono però Paesi che comunque continuano a richiedere prodotti per i quali le imprese italiane possono provvedere con la fornitura. Inoltre, il Rapporto SACE osservava che «la competitività regge la pressione» ma che non bisogna considerarla come una sorta di consolazione, ma sarebbe utile invece capire dove muoversi e su quali prodotti puntare per consolidare l’internazionalizzazione delle proprie vendite.

Alcune osservazioni:

– L’apprezzamento del dollaro favorisce le esportazioni extra-UE del Made in Italy, specie negli Stati Uniti, primo mercato di sbocco oltre i confini europei e in generale nei Paesi dell’area dollaro. Le nostre merci risultano essere meno care e se ne incentiva la domanda.

– L’indebolimento dell’euro, dall’altra parte, accresce il valore dei beni importati. È in particolare l’acquisto di materie a pesare sulle produzioni made in Italy: i prezzi sono in rialzo in realtà da fine 2021 e nei mercati internazionali sono già denominati spesso in dollari.

– Il forte incremento dei costi energetici incide evidentemente sui costi di produzione. Discorso tanto più concreto per un Paese come l’Italia, forte importatore di materie prime e in generale caratterizzato da una industria di trasformazione.

Turchia e Stati Uniti. Poi Europa ed Oriente. Opportunità di export 2023, sì ma di qualità

In definitiva, è sempre il rapporto qualità-prezzo ad essere richiesto ai nostri prodotti che puntano all’internazionalizzazione. Nel 2022 i dati ISTAT hanno confermato la crescita, non tanto del volume, quanto del valore dei beni italiani esportati. Prodotti metallici e chimici sono in particolare già cresciuti a doppia cifra nel 2022.

Nel 2023 si prevede un generico consolidamento dell’export italiano verso il Nord America, ma anche verso il Sud America, in quanto più lontani dal conflitto tra Ucraina e Russia. Idem, per lontananza dal conflitto e per trend di crescita interna, i mercati dell’Asia-Pacifico, del Medio Oriente e del Nord Africa.

Metalli, prodotti chimici, ma -parlando di qualità- anche tanto alimentare e bevande richiesti dal nuovo ceto medio di molti Paesi che guardano l’Italia con assoluto interesse. Cina e Giappone in cima alla lista.

La Turchia è poi un caso particolare: accusata da molti di essere porta verso la Russia di prodotti che diversamente non si muoverebbero, ha in realtà un proprio mercato interno che cresce in modo importante e nel quale sia l’import sia l’export italiano si stanno ritagliando posti di riguardo.

Infine, la riapertura della Cina -che ha posto fine alle “politiche zero covid” – lascia pensare sia che il turismo sarà nuovamente un motore per il 2023, sia che il nuovo ceto medio non vorrà perdere l’abitudine al made in Italy di qualità.

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